Lab Dakar – Un progetto che unisce moda etica e sostegno all’imprenditoria femminile in Senegal

Moda etica e sostegno all’imprenditoria femminile sono le parole chiave del progetto Lab Dakar sviluppato da IPSIA in collaborazione con l’associazione della diaspora Sunugal, il GIE GIS GIS, impresa al femminile attiva nella periferia di Dakar e Equomercato, rete del commercio equo in Italia.

La cooperativa Gis Gis, ad oggi composta da 12 socie, nasce a Guediawaye nel 2011 come opportunità di inserimento lavorativo delle giovani donne formate dalla scuola di taglio e cucito promossa da Sunugal. Il progetto ha sin dall'inizio l'ambizione di essere un fattore di emancipazione per le ragazze dell'area periurbana di Dakar, attraverso azioni di formazione professionale e di sostegno all'avvio di impresa e alla commercializzazione dei prodotti. La cooperativa Gis Gis, come molte realtà microimprenditoriali in Senegal, è insieme un contesto lavorativo e un gruppo di solidarietà e sostegno, in cui si aggiunge in questo caso la dimensione di genere, particolarmente sentita.

Nel 2017 il progetto Lab Dakar, nato da un’idea di due volontari di IPSIA, esperti nel settore della moda, Giulio Vismara e Sara Meucci, arriva a dare nuovo slancio alle attività di Gis Gis grazie alla realizzazione di una capsule collection di T-shirt e una campagna di crowdfunding. Da allora numerose collezioni sono state sviluppate e realizzate a Dakar coniugando la tradizione e lo stile senegalese con il gusto occidentale. Creazioni di moda con coloratissimi tessuti wax, disponibili sia in Senegal sia in Italia nelle botteghe di Equomercato, che raccontano uno scambio reale tra due culture, una collaborazione tra due paesi e un’opportunità di sviluppo sostenibile.

Con la crisi sanitaria dovuta al Covid 19 Awa, Coumba, Maguette, Marianne e le altre socie di Gis Gis hanno raccolto la sfida di contribuire alla lotta contro la pandemia continuando a lavorare ogni giorno e mettendo a disposizione le loro capacità sartoriali per la produzione di mascherine lavabili, conformi alle direttive del governo senegalese. Quasi 5.000 mascherine sono state già confezionate e in parte distribuite nei comuni della regione di Dakar e di Thiès, grazie alla collaborazione con i progetti PAISIM, co-finanziato dall’AICS, e ECOPAS, sostenuto dall’Unione Europea. Un lotto di mascherine è in viaggio per l’Italia e sarà presto distribuito da IPSIA per sostenere il progetto Lab Dakar.

Patrizia Dodaro cooperante IPSIA in Senegal

Allo Allo, la serie senegalese che sensibilizza sul Covid-19 attraverso la comicità. Un nuovo modello comunicativo per far riflettere proprio tutti

Una ragazza telefona ad un centralino, porta una maschera di carnevale. Chiede se sia un modello a norma per proteggersi dal Coronavirus visto che il primo, di conchiglie, era stato miseramente bocciato. In una chiamata successiva, un’altra domanda curiosa dove si possano richiedere i diplomi distribuiti dai vari social, visto che tutti sembrano essere diventati medici e giornalisti.

Questi sono solo alcuni degli sketch comici presentati dalla serie 100% senegalese: “Allo Allo”. Un susseguirsi di brevi video in cui si fa sensibilizzazione sul Covid-19 attraverso l’humour. Molte le tematiche affrontate, dai gesti barriera, in particolare il corretto utilizzo della maschera, ai risvolti psicologici della quarantena, alle fake news, al difficile riassestamento della quotidianità di ciascuno. Si ride ma al contempo si riflette grazie ad un format innovativo.

L’idea è di due realizzatori locali, Audy Valera e Mao Sibide, che fanno parte di una generazione di giovani creativi e talentuosi che hanno deciso di investire nelle proprie capacità e in quelle del territorio.

La serie integrerà, con alcuni episodi, la campagna di sensibilizzazione del « Team Europe » contro la diffusione del COVID 19 in Senegal, grazie al PLASEPRI/PASPED.

Il programma, finanziato dall’Unione europea nell’ambito del Fondo Fiduciario d’Urgenza per quanto riguarda la componente PASPED e dalla Cooperazione italiana per quanto riguarda la componente PLASEPRI col contributo dello Stato senegalese attraverso il « revolving fund », è realizzato dall’AICS di Dakar, in collaborazione con la Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero della Micro finanza e dell’Economia solidale del Senegal.

Con la loro simpatica ironia, i protagonisti della serie veicoleranno messaggi che potranno contribuire a ridurre la diffusione del virus, adattandosi di volta in volta all’evoluzione delle misure adottate dal governo e all’evoluzione del Covid-19 in loco. Tra gli aspetti investigati, oltre ai classici gesti barriera da adottare nei luoghi pubblici, i comportamenti da adottare o da evitare che tengono conto del background socio-culturale del paese; gli stereotipi e le dicerie legati al virus e la stigmatizzazione dei malati, purtroppo ancora forte.

AICS conferma, ancora una volta, la sua attenzione per l’arte senegalese in tutte le sue espressioni, sostenendo, come in questo caso, giovani realizzatori e attori locali che utilizzano i linguaggi dell’humour e l’ironia. Un modo originale e innovativo di fare sensibilizzazione e di veicolare messaggi chiave per la prevenzione che possano arrivare proprio a tutti.

A cura di Marina Palombaro e Chiara Barison

Allo Allo Afrique
ALLO ALLO
MA TV AFRIQUE

In Mali un’importante vittoria per le donne: più di quaranta le deputate elette all’Assemblea nazionale

Come non festeggiare la settimana dedicata all’Africa appena conclusa con una bella notizia pensando a un futuro più roseo per il continente africano, proprio grazie alle donne? Il 9 maggio scorso, per la prima volta nella storia della repubblica maliana, l’Assemblea nazionale costituita dopo le votazioni dello scorso 29 marzo e del secondo turno del 19 aprile, ha visto l’elezione di 42 donne su 147 deputati. Un record e una vittoria. Le donne costituiscono ora il 28,57% dell’Assemblea della sesta legislatura contro il 9,50% della precedente, dove erano solo 14.

La più giovane tra le deputate elette è Salimata Traoré, universitaria e orfana di 26 anni. Ospite a casa di uno zio, è stata eletta nel suo comune natale, Segou, a nord-est di Bamako, sulla lista del partito “Alliance démocratique pour la paix” (ADP-Maliba).

Le donne avranno da oggi un peso più ponderale nella partecipazione al voto di progetti di legge e di interrogazioni dei governanti sulla gestione del paese, con un occhio particolare alle leggi che toccano da vicino il mondo femminile. Lo stesso Ministro della Promozione della Donna, della Famiglia e dell’Infanzia, Diakité Aissata Kassa Traoré, ha dichiarato che questa rappresentatività delle donne potrà avere un impatto positivo sulle questioni legate alle violenze di genere, sul matrimonio precoce e sulle mutilazioni genitali femminili.

Ricordiamo che in Mali una donna su quattro è vittima di violenza e che nel 2019 gli incidenti legati alle violenze basate sul genere (VBG) sono aumentati del 57% rispetto al 2018, secondo le statistiche nazionali.  Nel sistema di informazione relativo alle VBG sono stati registrati 2143 casi, di cui il 98% ha come vittime donne e ragazze (fonte UNFPA). Secondo la Ricerca demografica e di Sanità-Mali (EDSM, VI, 2018) la metà delle donne (49%) di età compresa tra i 15 e i 49 anni ha subito almeno un atto di violenza emozionale, psicologica, fisica o sessuale nel corso della vita. Il 68% delle donne che ha subito violenza fisica o sessuale non ha mai chiesto aiuto o parlato della violenza con nessuno. Lo studio indica anche un tasso di matrimoni precoci preoccupante, il 15% delle donne tra i 25 e i 49 anni risulta infatti essersi sposata prima dei 15 anni mentre il 53% prima dei 18. L’89% delle donne tra 15-49 anni e il 73% delle ragazze tra 0-14 anni ha subito una mutilazione genitale.

Una proposta di legge contro le VBG è purtroppo ferma da alcuni anni. Lo stesso Ministro della Promozione della Donna, della Famiglia e dell’Infanzia, durante i 16 giorni di attivismo contro le VBG nel dicembre 2019, ha affermato che tale proposta merita d’essere rivista per essere integrata con nuove disposizioni come quelle relative al femminicidio. Il suo dipartimento e i partner della società civile hanno constatato una recrudescenza di violenze fisiche, sessuali o psicologiche verso le donne soprattutto in un contesto di conflitto armato, dove lo stupro collettivo risulta una pratica ricorrente, così come i matrimoni precoci, le mutilazioni, le uccisioni o la schiavitù sessuale.

Le deputate appena elette si troveranno a dover lavorare in un contesto complesso e delicato ma anche grazie al loro vissuto ricco di esperienza, potranno fare la differenza e far sentire la voce delle donne laddove questa è ancora poco considerata.

Accanto a loro e alle donne della società civile, vi è la costante presenza delle differenti cooperazioni internazionali presenti in Mali che, grazie ad un lavoro costante e all'impegno, incrementano progetti per l’empowerment femminile. L’obiettivo è sviluppare il potere decisionale delle donne affinché possa contribuire ad un cambiamento significativo della loro attuale condizione. In questo quadro si inscrive il progetto finanziato dall'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) Élimination des violences basées sur le Genre au Mali à travers une approche holistique et intégrée d’offre de services de qualité au niveau national che mira all’eradicazione di tutte le forme di violenza basate sul genere.

A cura di Claudia Berlendis






Bokk naa ci, Io partecipo – Un percorso fotografico racconta la Cooperazione italiana in Senegal grazie agli scatti di Demba Diop, fondatore del collettivo di fotografi, Sunu Nataal

Mani congiunte ad accogliere, in un soffio, un desiderio, augurio di un presente felice e di un futuro prospero; mani sollevate che vogliono partecipare; volti di donne come dipinti, sguardi fieri dietro una divisa e tessuti colorati; sorrisi che accolgono nella diversità e veli che incorniciato la forza di giovani donne. Questi sono solo alcuni degli scatti selezionati un anno fa dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), ufficio di Dakar, in occasione della festa della Repubblica italiana.

Una selezione che è parte di un percorso fotografico realizzato in Casamance, nel sud del Senegal, nell’ambito di una missione di monitoraggio dei programmi legati allo sviluppo rurale e all’empowerment femminile: PAPSEN, PAIS e PASNEEG e intitolato « Bokk naa ci »  (io partecipo, in wolof).

In questi scatti, una quotidianità fatta di momenti, persone, dialogo, impegno e scelte che determinano, assieme, il cambiamento.

A realizzarli, Demba Diop, fotografo e video maker senegalese, fondatore di Sunu Nataal, un collettivo di fotografi nato a Dakar nel 2010 con l’obiettivo di raccontare il paese da un punto di vista locale, in una sorta di riappropriazione e di riconquista dello spazio attraverso lo strumento fotografico.

Se lo si traduce, Sunu vuol dire "nostro" e Nataal  “immagine”. Questa è alla base del collettivo” ha raccontato Demba Diop nella puntata a lui dedicata di Foo Jem, trasmissione radiofonica finanziata da AICS Dakar che racconta storie di vita e professionali ispiranti di un Senegal creativo, impegnato e cosciente delle nuove sfide.

Una delle ragioni per cui Sunu Nataal è nato è per presentare un Senegal diverso dall’immaginario stereotipato con cui si racconta spesso il continente. Il nostro obiettivo è fotografare il variegato mondo senegalese e le sue straordinarie potenzialità. Una decolonizzazione mentale che parte anche dalla rappresentazione che facciamo del luogo in cui viviamo e della realtà che contribuiamo a cambiare, ogni giorno, con il nostro lavoro e il nostro impegno” ha aggiunto Diop.

Il collettivo Sunu Nataal ha realizzato, grazie ad una mappatura fotografica di differenti quartieri e città, la prima banca di immagini in alta definizione gratuite sul Senegal.

« Bokk naa ci », « io partecipo », un concetto tanto semplice quanto ricco di significato e che definisce una cooperazione basata sullo scambio, l’ascolto, l’impegno, la responsabilità, l’autonomia, l’inclusione, la condivisione, la crescita e la partecipazione. Un messaggio che è anche un augurio di un cambiamento in positivo e di uno sguardo nuovo per oggi, 2 giugno, festa della Repubblica italiana, per sentirci davvero più vicini nonostante la distanza imposta dall’attuale pandemia di Covid-19.

A cura di: Chiara Barison

Africa Day 2020 | Italia Africa Business Week

Il 25 maggio si celebra l’Africa Day, il giorno dell’Africa.

Questo evento è celebrato in tutto il mondo, perché simboleggia l’unità africana, ponendo l’accento sulla sua diversità, il suo successo, il suo potenziale economico e la sua risonanza culturale nel resto del mondo.
Sebbene la Giornata Mondiale dell’Africa tenda a celebrare la cultura africana o la storia del continente, è anche un giorno di riflessione sul cammino che le rimane da percorrere per costruire un continente più forte e unificato. Per partecipare a questa riflessione e celebrare la giornata dell’Africa, l’Associazione Le Réseau ha deciso di promuovere la Settimana dell’Africa in Italia. Una settimana durante la quale vorremo parlare di politica, di cultura, di diaspore, nuove generazioni e di cooperazione internazionale. Vorremo soprattutto sottolineare il fatto che l’Italia ha deciso di (ri)mettere l’Africa al centro della sua politica estera e di come tutto ciò si possa tradurre in azioni concrete.
Questa nuova relazione con l’Africa si manifesta non solo attraverso rapporti sempre più stretti (come dimostra il fatto che l’Italia è il principale investitore europeo in loco, con investimenti pari a 9 miliardi di euro nel 2017) ma anche con un aumento delle iniziative di cooperazione internazionale con i paesi del continente (su 22 paesi prioritari della cooperazione italiana, 11 sono africani).

La Conferenza Ministeriale Italia-Africa organizzata dalla Farnesina, che vede la partecipazione di molti ministri e delegazione africane, testimonia sempre di più l’impegno dell’Italia nel rilanciare la sua relazione e presenza con e nel continente.

Il programma della settimana sarà in modalità online e strutturato in conference, tavole rotonde e momenti culturali


 lunedì 25 maggio 2020

“L’Africa Day 2020, insieme per ripensare le relazioni italo-africane”
Video in diretta registrato su  Facebook IABW

 mercoledì 27 maggio 2020

“Un Futuro Possibile in Africa, rilanciare l’Africa nella narrativa italiana”
Video in diretta registrato su  Facebook IABW

Programma Africa Day in webinar

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Mercoledi 27 maggio 2020

?Ore 18.00 – Un viaggio alla scoperta di sé stessi – l’esperienza degli Afrodiscendenti

Segui la conferenza in diretta Facebook ?  Africa Day in webinar

COVID-19 – Dal Mali una riflessione sulle sfide, i rischi e le strategie di risposta alla pandemia

21. Iniziare un articolo con un numero non è propriamente opportuno, ma altrettanto non convenzionale è la situazione del Mali in questo periodo caratterizzato dal Covid-19.

21, erano i posti letto disponibili e attrezzati negli ospedali maliani per curare i malati da CODIV-19, tutti concentrati nella capitale Bamako, ma le persone che vivono attualmente nel paese sono circa 16.174.580. Un letto ogni 770.218 persone. Certo i numeri non posso descrivere tutto, ma davanti a cifre del genere possono dire molto, quasi tutto.

Il Mali è un paese fortemente e drammaticamente in difficoltà a causa anche di una crisi multisettoriale che dal 2012 ha intaccato e distrutto il tessuto sociale, la coesione sociale e ha aumentato i conflitti multiformi che hanno toccato la popolazione civile. Inizialmente influenzando le regioni del nord, le violenze si sono propagate nel corso degli anni alle regioni del centro del paese e a partire dalla metà del 2017, la situazione securitaria si è deteriorata con il sorgere di affrontamenti intercomunitari principalmente nella regione di Mopti e nelle regioni transfrontaliere.

Situato nella regione del Sahel, il Mali è, inoltre, confrontato regolarmente a degli episodi di siccità e di inondazioni che causano delle perdite di raccolti, delle diminuzioni di produzione agricole e dei mezzi di sussistenza. Le conseguenze dei conflitti combinate con quelle dei cambiamenti climatici accentuano una vulnerabilità delle popolazioni nel paese, dove circa il 50% delle persone vive sotto la soglia di povertà secondo il rapporto sullo sviluppo umano del 2019 (il paese si classifica al 184° posto su 189°).

In una situazione così spaventosa, dove il numero delle persone che vivono in insicurezza alimentare ha raggiunto il livello più elevato dal 2016 (3,5 milioni di persone, di cui 757.000 in stato di insicurezza alimentare severo), il 17 marzo 2020 lo stato maliano ha iniziato a prendere delle misure preventive per evitare il proliferarsi dell’epidemia. Si è deciso la chiusura alle persone delle frontiere, l’interdizione di raggruppamenti pubblici con più di 50 persone, la chiusura delle scuole, la dichiarazione dello stato d’emergenza sanitaria, il copri-fuoco dalle 21 alle 5 del mattino e il lancio della campagna “un maliano, una mascherina”. È stato anche instituito un numero verde per orientare e informare la popolazione. Nonostante queste precauzioni il 25 marzo scorso, lo stato maliano ha dichiarato i primi due casi affetti da covid-19. E d’allora i 21 posti letto sono sembrati immediatamente e tragicamente troppo pochi.

Per sopperire ai soli posti letti disponibili e con la minaccia ormai presente nel paese, il Governo ha velocemente creato quattro laboratori per fare i test di diagnostica a Bamako. Un laboratorio mobile è stato sistemato nella regione di Kayes e riguardo la presa in carico, quattro centri sono operazionali di cui tre a Bamako e un ospedale regionale di Kayes. Dei nuovi spazi di isolamento sono in corso di sistemazione a Bamako, Mopti e Tombouctou.

Il Governo maliano ha elaborato un piano di azione e di risposta che copre il periodo da aprile-dicembre 2020 che necessita di un budget di 34 miliardi di FCFA (circa 52 milioni di euro) e si è detto pronto a investire 6,3 miliardi di FCFA (circa 9,6 milioni di euro) per fare fronte ai bisogni prioritari. Ovviamente tutti questi fondi sono stati chiesti ai vari Partner tecnici e Finanziari che un po’ alla volta hanno iniziato a muoversi e a coordinarsi tra di loro affinché la situazione già precaria non si aggravi ulteriormente.

Le risorse che, però, sono disponibili per l’attuazione del piano della risposta umanitaria (soltanto il 12,5% del finanziamento richiesto – OCHA aprile 2020) restano comunque insufficienti per colmare gli enormi deficit legati alla mancanza di mezzi per i contagi, la presa in carico dei casi a domicilio, la presa in carico psicosociale, la creazione di laboratori mobili nelle regioni e la formazione del personale. Manca il materiale, l’equipaggiamento di protezione, dei kit di equipaggiamento della presa in carico del Covid19 e della capacità di testare i casi.

Il rapporto n.52 del 15 maggio 2020 sulla situazione Covid-19 in Mali redatto dal Ministero della Sanità e degli Affari Sociali ha dichiarato che i casi positivi ammontano a 806, i decessi a 46 e i pazienti guariti a 455 di cui 8 trasferiti fuori dal paese. Nove regioni e 24 distretti sanitari sono toccati dall’epidemia. L’età media dei contaminati è di 46,55 anni con un 64% di casi di un’età compresa tra i 15 e i 54 anni.

A questo punto non ci si può esimere dal riflettere a quali rischi il covid-19 creerà in un paese come il Mali. Innanzitutto, i rischi sociali aumenteranno la vulnerabilità delle popolazioni, quali le persone sfollate all’interno del paese, rafforzeranno le ineguaglianze legate al genere e aumenteranno il numero delle persone toccate dall’insicurezza alimentare. Si ipotizza che circa 5 milioni di persone saranno toccate da questa crisi alimentare nel periodo da giugno a agosto 2020, cifra altamente superiore rispetta a quella registrata nello stesso periodo durante gli ultimi cinque anni. Il Governo maliano ha richiamato i partner a sostenere innanzitutto le azioni in risposta a questa situazione di emergenza alimentare e nutrizionale il 7 aprile scorso, aggravata anche dai conflitti nelle regioni del nord e del centro e dalla siccità. La malnutrizione sarà aggravata anche dalla deteriorazione delle pratiche sanitarie che gli sfollati interni vivono.

I rischi umanitari, invece, avranno un impatto sulla catena di approvvigionamento domestico, si avrà un ridotto accesso ai servizi sociali di base e ai mezzi di sussistenza.

Infine, i rischi economici con l’aumento del tasso di disoccupazione, la caduta del PIB, le perturbazioni negli scambi economici e commerciali, il rallentamento della crescita economica dal 3,2% al 1,8% nel continente africano (ECCA, marzo 2020)

Si noteranno anche degli impatti sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e gli obiettivi come OSS 3.1 e 3.2 relativi alle malattie trasmissibili e alla speranza di vita, il n.4 inerente l’istruzione, il lavoro decente e la crescita economica (8) e l’accesso all’acqua potabile (6) saranno sempre più lontani e difficili da raggiungere.

Il ruolo di AICS, in sinergia con gli altri attori umanitari e di sviluppo e attraverso i suoi partner delle nazioni unite e le OSC presenti sul territorio, sarà di accompagnare lo Stato maliano e la popolazione a far fronte agli impatti sociali, economici e securitari a largo spettro che la pandemia avrà deteriorato e minato. AICS farà parte di questa lotta all’espansione del virus, riallocando fondi già presenti in Mali e modificando temporaneamente attività già in corso inserendo azioni e beneficiari più strettamente in ambito sanitario.

A cura di Claudia Berlendis

Programmi IFAD in Senegal e Gambia, un esempio di sviluppo rurale e sostenibilità

L’IFAD (International Fund for Agricultural Development) è un’organizzazione unica nel suo genere, al tempo stesso un’istituzione finanziaria internazionale e un’agenzia delle Nazioni Unite specializzata nel settore dello sviluppo rurale.

L’IFAD fornisce ai paesi in via di sviluppo prestiti a tassi agevolati e donazioni destinati a finanziare progetti e programmi di sviluppo agricolo e rurale innovativi.

Da quando il Fondo è stato istituito, l’IFAD e l’Italia hanno collaborato attivamente per eliminare la fame e la povertà, attraverso investimenti che consentono alle popolazioni delle aree rurali di migliorare le proprie condizioni di vita e i propri mezzi di sostentamento.

L’Hub IFAD di Dakar, competente per il Senegal, Capo Verde, Guinea Conakry, Guinea Bissau, Mali e Mauritania, ha organizzato una visita di terreno il 19 e 20 novembre 2019 con l’intento di offrire agli stati membri un’occasione importante di apprendimento sull’IFAD, i suoi interventi e il modo di collaborare con i governi e gli altri partner nella risoluzione dei problemi delle comunità rurali.

L’AICS Dakar ha partecipato attivamente alla missione inserendo l’attività nel quadro delle azioni volte a rafforzare la collaborazione tra e con il “polo agricolo” romano delle agenzie UN (IFAD, FAO e WFP), come testimoniato anche dall’accordo quadro di partenariato firmato tra MAECI e IFAD a febbraio 2019.

La visita si è concentrata su due programmi: il PAFA-E, programma di appoggio alla filiera agricola in Senegal, che vuole migliorare la sostenibilità, la sicurezza alimentare e i redditi dei piccoli produttori (agricoltori e allevatori) e creare impiego remuneratore per giovani e donne e il NEMA, progetto nazionale di sviluppo della gestione dell’acqua e delle terre agricole in Gambia che mira a ridurre la povertà delle donne rurali e dei giovani grazie ad un aumento della produttività agricola attraverso pratiche di gestione sostenibile di terre e acqua.

Sono state organizzate visite ai progetti locali dedicati allo sviluppo della filiera dei cereali locali, come miglio e sorgo, per la valorizzazione attraverso sistemi migliorati di panificazione per la produzione locale di pane più nutriente, e al supporto a gruppi di donne e giovani impegnati nella produzione di ortaggi con tecniche biologiche, metodi integrati e irrigazione razionale, con un’attenzione particolare rivolta al contract farming.

La missione è stata un’occasione per constatare su terreno il grande impegno dell’IFAD nel tessere partenariati e relazioni su più livelli per il raggiungimento di obiettivi comuni.

A cura di Silvia Bergamasco
Assistente tecnico Sviluppo rurale

 

Racconti dall’Italia-Africa Business Week (IABW)

"In Africa tanta è la normalità", così Cleophas Adrien Dioma, Direttore esecutivo dell’Italia-Africa Business Week (IABW), ha aperto la terza edizione di una due giorni di eventi legati al settore economico italo-africano tenutasi a Milano. La strategia AICS per lo sviluppo socio-economico sostenibile di alcuni paesi africani è una priorità, come sottolineato dal vice Direttore dell'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, Leonardo Carmenati. Una posizione di rilievo nella strategia operativa dell'Agenzia è occupata dai paesi dell'Africa occidentale, presenti alle giornate economiche dell'IABW, tra cui, Senegal, Mali, Burkina Faso, Guinea Conakry. Il modello economico a cui gli organizzatori e i relatori di questo evento fanno riferimento rinvia a priorità che il settore privato deve necessariamente tenere in considerazione: imprenditorialità sostenibile, impatto sociale e ambientale degli investimenti, innovazione sociale e tecnologica a beneficio delle comunità locali. Da questo punto di vista, la vicinanza tra Italia e Africa può essere definita  dal modello di micro e media impresa che sostiene le economie reali dell’Italia e dell'Africa in generale.

AICS Dakar ha partecipato al panel "Diaspora e sviluppo", fornendo esperienze concrete di opportunità per la diaspora senegalese in Italia e in Europa legate al PASPED, un programma per lo sviluppo del settore privato e la valorizzazione della diaspora.

"La qualità italiana per la qualità africana" sembra essere lo slogan maggiormente evocativo a sintesi di un sentimento di reciprocità percepito a Milano in questa due giorni di incontri.

A cura di Francesco Mele

Aichatou Sarr, un’imprenditrice della diaspora

Aichatou Sarr vive per la maggior parte dell'anno in Italia, dove una parte della sua famiglia risiede. Questa imprenditrice di Kebemer ha avviato, nel corso degli anni, un'attività nel cuore della sua città d’origine, che comprende un laboratorio di trasformazione di prodotti locali e un ristorante.

L'azienda della signora Sarr ha una forte componente femminile e ci tiene a precisare: "oggi siamo pronti a fare un salto di qualità verso la creazione di aziende sostenibili, ma necessitiamo di un supporto tecnico e finanziario che l'Italia può fornirci in termini di competitività e trasferimento di competenze e tecnologie”.

Aichatou Sarr racconta di come a Kebemer molte siano le famiglie che vivono grazie al contributo della diaspora, e di come, al tempo stesso, molti tra i senegalesi della diaspora vorrebbero avviare un'impresa nel loro paese d'origine. Dopo aver assistito alla presentazione del programma PASPED/PLASEPRI, in particolar modo le opportunità che offre alla diaspora, si è detta fiduciosa rispetto agli obiettivi che il programma si pone, nonostante la consapevolezza della necessità di avere un progetto strutturato per potere averne accesso.

A cura di Francesco Mele

Aichatou Sarr, imprenditrice di Kebemer

Carovana Tekki Fii 19-21 novembre 2019