In Mali le cooperative agricole creano cibo e coesione sociale

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Foto: L. Michelini ®

Grande quattro volte l’Italia, il Mali sta facendo i conti da quasi dieci anni con una crisi umanitaria di cui a malapena si parla in Europa.

Per buona parte della popolazione maliana dover vivere con la paura di essere attaccati da bande di terroristi o criminali è diventata quasi una realtà quotidiana. In molti villaggi rurali del centro-nord del paese uscire di casa per andare a coltivare i campi, attività fondamentale per queste zone che dipendono quasi esclusivamente dalla produzione agricola, è un pericolo. I gruppi armati sfiancano i contadini attaccandoli o bruciando i loro campi, il bestiame è rubato e le scuole sono fatte chiudere perché veicolanti insegnamenti occidentali. 

In questo modo, oltre alla concreta difficoltà nel reperire mezzi di prima necessità, la gente è privata dei servizi assistenziali di base (sanità, istruzione ecc.) e vive in costante compagnia della paura, sentimento che annichilisce i legami e aumenta la disgregazione sociale. In aggiunta, come se non fossero sufficienti i conflittiil Mali deve fronteggiare anche gli effetti di un clima sempre più aspro, caratterizzato da estenuanti periodi siccitosi ed inondazioni violente.  

Nella regione di Koulikoro, gli abitanti di Bassabougou e Neguebabougou hanno trovato un modo per assicurare cibo e degli introiti economici agli abitanti dei due villaggi. Diversamente dal trend nazionale che porta la popolazione ad abbandonare le loro terre per scappare verso i centri urbani del paese, in questo angolo di Mali la creazione di cooperative agricole sta offrendo una concreta possibilità per contrastare la penuria alimentare e le difficoltà legate ad un clima poco prevedibile.

Nelle cooperative, uomini e donne lavorano in modo organizzato e collaborativo delle parcelle di terreno; i guadagni derivanti dalle vendite degli ortaggi presso i vicini mercati settimanali consentono il rifornimento in semi, strumenti da lavoro e concime nell’arco di tutto l’anno. 

“Non è facile coltivare questi suoli, sono limosi e quando manca l’acqua si induriscono molto”, spiega Luc Kassogue, tecnico locale dell’ONG ENGIM che sta istruendo i membri di queste cooperative agricole nell’ambito di un progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo di Dakar e gestito in partenariato da COOPI ed ENGIM. 

Il cambiamento climatico sta facendo sì che la gestione delle colture agricole sia quasi un gioco d’azzardo. Le tecniche agronomiche utilizzate da generazioni e generazioni non è detto che oggi vadano ancora bene”, spiega Laetitia Fauconnier, capo progetto ENGIM

Per questo le formazioni condotte da Kassogue hanno riguardato soprattutto l’uso di metodologie agricole sostenibili e adatte al clima del Sahel. “Ogni volta che torno in questi villaggi, mi rendo conto che nuove competenze sono state assimilate e messe in pratica”, dice il tecnico locale mostrandoci uno dei tanti appezzamenti dove il mais è piantato in associazione con i peperoni per proteggerli dai raggi del sole e la crusca di sorgo fa da base per il compost. “A volte capita che anche chi non fa parte delle cooperative sia interessato ad apprendere nuove tecniche e quindi mi interpellano per risolvere dubbi o avere consigli sui loro campi”. 

Il successo di questi interventi di sviluppo sostenibile sta servendo anche da insegnamento per gli agricoltori delle zone limitrofe, aspetto considerevole poiché garantisce la riproducibilità delle buone pratiche messe in atto e il passaggio di competenze.  

“Gli agricoltori inizialmente non conoscevano i nomi e le caratteristiche delle numerose varietà vegetali che possono essere utilizzate in Mali”, continua a spiegare Kassogue. Nel corso della stagione delle piogge, da giugno a fine settembre, i terreni sono molto difficili da coltivare, spesso diventano inaccessibili, e quindi le coltivazioni si limitano alle cosiddette colture da reddito, come mais, sorgo, miglio e arachidi. Adesso, la conoscenza delle tecniche agronomiche da applicare nel corso della stagione umida per favorire il drenaggio dell’acqua e delle specie vegetali resistenti al ristagno idrico permette ai coltivatori di avere ortaggi freschi nel corso di tutto l’anno e di fronteggiare meglio le periodiche carenze alimentari. 

Remon Traorè fa parte della cooperativa agricola di Bassabougou: “Sono sempre stato agricoltore, ma con le formazioni che ho seguito ora mi è più chiaro quando concimare il terreno e quali quantità di fertilizzante apportare. Prima concimavo troppo e le piante stavano male perché l’alta concentrazione di nutrienti finiva per rovinare le radici”. 

Un altro problema in Mali è legato, infatti, all’uso dei pesticidi. “Prima della formazione venivano applicati prodotti chimici molto potenti e formulati per piante non destinate all’alimentazione, come la deltametrina, solitamente applicata sulle piantagioni di cotone”, va avanti Luc Kassogue. “Anche per questo, abbiamo tenuto dei corsi sull’utilizzo del neem (Azadirachta indica)un albero noto per le sue proprietà mediche, nonché valido fitofarmaco biologico”. 

Passeggiare tra queste aiuole verdi nel bel mezzo dell’arido paesaggio saheliano fa bene al corpo e al morale: orti dove si usano le associazioni vegetali seguendo i principi dell’agro-ecologia, il compostaggio organico per rendere i suoli più fertili e piante locali come rimedi per i parassiti.

Gli uomini e le donne che si prendono cura di questa terra ostile, lavorandola pazientemente giorno dopo giorno, coltivano cibo sano, preziose competenze e speranza per un futuro che in Mali è pieno di incertezze. 

Lucia Michelini

Sono Lucia Michelini, ecologa, residente fra l'Italia e il Senegal. Mi occupo soprattutto di cambiamenti climatici, agricoltura rigenerativa e diritti umani. Sono convinta che la via per un mondo più giusto e sano non possa che passare attraverso la tutela del nostro ambiente e la promozione della cultura. Per questo cerco di documentarmi e documentare, condividendo quanto vedo e imparo con penna e macchina fotografica. Ah sì, non mangio animali da tredici anni e questo mi ha permesso di attenuare molto il mio impatto ambientale e di risparmiare parecchie vite.

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