Dakar - Si chiama “Afrique Positive” un movimento di giovani attivisti senegalesi che ha come obiettivo principale la valorizzazione del territorio e della riuscita in loco. Nato nell’ambito del progetto PUCEI per la creazione di impiego a favore dei giovani e delle donne nelle regioni di Saint Louis (Senegal) Oio, Cacheu e Tombali (Guinea Bissau) e Alta Guinea (Guinea), Afrique Positive è parte integrante di una iniziativa più ampia che mira a diffondere informazioni sui servizi e le opportunità in Africa occidentale e sensibilizzare la gioventù africana sulla possibilità di realizzare un progetto di vita nel proprio Paese. Il progetto, finanziato dalla Cooperazione italiana, è promosso dalle Ong CISV e LVIA.
Il nome stesso del movimento - Afrique Positive - intende sottolineare ciò che di positivo il continente africano ha da offrire, senza cadere nelle banalità dell’afro-entusiasmo o dell’afro-pessimismo. I giovani attivisti sono bensì afro-realisti: coscienti dei problemi e delle sfide che il continente vive, ma motivati nel divenire essi stessi motore di uno sviluppo che comincia innanzitutto con il rivoluzionare le mentalità e i punti di vista.
“Se parliamo di migrazione irregolare, uno dei problemi principali è legato secondo me alla fiducia” spiega Omar Sow, 26 anni, membro di Afrique Positive. “Pensiamo ad esempio che per finanziare un progetto migratorio irregolare i soldi da investire possono arrivare anche a 10mila dollari. E poi cosa succederà? Una volta spesi questi soldi, se la persona avrà fortuna potrà ritrovarsi all’estero, ma senza documenti e senza soldi. E' strano che tante persone preferiscano ritrovarsi all’estero senza soldi piuttosto che in Senegal, con la stessa cifra. Una riflessione è dunque d’obbligo. Pensiamo all’esempio dei bambini dei villaggi che partono in città per le vacanze. Una volta rientrati saranno considerati “migliori” o comunque avranno un valore aggiunto solo per il fatto di essere partiti. Se c’è una cosa che ho capito grazie al mio attivismo - continua Omar - è che il punto essenziale è trasformare i candidati all’emigrazione irregolare in attori di cambiamento e di sviluppo. Renderli partecipi significa responsabilizzarli e la responsabilità comincia con l’immagine che ciascuno ha di sé e l’esempio che vuole, o che può, dare agli altri. Questo implica necessariamente fiducia.”
Una nuova visione, dunque, che non esclude le problematiche esistenti ma che non si focalizza esclusivamente su di esse. Il punto di partenza cambia in conseguenza: non sarà più centrato sui problemi bensì sulle opportunità. Secondo gli attivisti del movimento, infatti, “non si può parlare dello sviluppo dell’Africa senza fare riferimento ai giovani, che devono riconoscere il proprio potenziale, riunirsi e consolidare una sinergia attiva in questo senso”.
Afrique Positive punta a sensibilizzare i giovani e renderli partecipi della vita sociale, culturale ed economica del loro Paese. Come spiega Bruno Schettini in “Alfabetizzare per coscientizzare: la lezione di Paulo Freire”, il coscientizzare deve essere inteso come “un processo con il quale gli uomini si preparano ad inserirsi criticamente nell’azione di trasformazione, avendo così l’opportunità di riscoprire sé stessi attraverso la riflessione sul processo stesso della propria esistenza. Ciò che si cerca di fare nel processo di coscientizzazione non è attribuire alla coscienza un ruolo di creazione ma, al contrario, riconoscere il mondo statico “dato” come un mondo dinamico “che dà” […]. Riflessione e azione sono, quindi, indissociabili perché l’azione è prassi solo se il sapere che l’accompagna si fa esso stesso oggetto di riflessione critica per la trasformazione di una realtà troppo spesso data come fissa perché abilmente invocata come appartenente ad un ordine immutabile”. E in quest’ottica il movimento Afrique Positive diventa assolutamente rivoluzionario.
In un contesto come quello attuale, che vede nella partenza la sola via di riuscita e negli emigrati il simbolo di una riuscita che spesso è mitizzata e non sempre corrispondente ad un reale miglioramento della condizione di partenza, diventa fondamentale dare visibilità a modelli di riuscita alternativi, che pure esistono, anche in loco. Come quello dello stesso Omar Sow, nato e cresciuto a Louga, città simbolo dell’emigrazione, che grazie all’associazionismo ha trovato in Senegal la sua opportunità. Oggi portavoce del movimento, conduce su una radio locale una trasmissione dedicata ai giovani ed è parte integrante della piattaforma “La parole aux jeunes” che sui social network ha un seguito di circa 18.000 utenti. Qui si discutono problematiche legate a temi di interesse pubblico come educazione, genere, imprenditoria e sanità.
“La vera avventura è quella di restare e di impegnarsi per il Senegal”, dicono i ragazzi del movimento. Nella loro forza e determinazione c'è la voglia di essere protagonisti dello sviluppo e di offrire un esempio, in una esperienza che può essere definita come afro-responsabilità.
A cura di:
Chiara Barison
Responsabile Comunicazione
• TV senegalese TFM - Presentazione del progetto nella trasmissione "Yeewuleen"