Dialoghi di attivismo con Djeneba Mariko Diop, giurista e Presidentessa dell’Associazione per la Protezione e la Promozione dei Diritti delle Donne e dei Bambini (APRODEFE), femminista.
Da alcuni anni, Djeneba Mariko Diop, Presidentessa dell’Associazione per la Protezione e la Promozione dei Diritti delle Donne e dei Bambini (APRODEFE), si batte in Mali in difesa dei più vulnerabili contro lo sfruttamento minorile, in particolare quello delle bambine che lavorano come collaboratrici domestiche, sia sui siti di estrazione aurifera che in ambito urbano e rurale.
Nel giugno 2011, il governo del Mali ha adottato un piano d'azione nazionale per l'eliminazione del lavoro minorile e questo costituisce una tappa importante di cambiamento, ma la sua attuazione è stata ritardata e poche le azioni concrete. Ai sensi della normativa sul lavoro in Mali, i bambini non possono essere impiegati in alcuna impresa, neppure come apprendisti, prima dei quattordici anni, salvo deroga scritta emessa con decreto del Ministro del lavoro, tenuto conto delle circostanze e dei compiti locali. Con poche eccezioni, una legge sulla protezione dell'infanzia fissa l'età minima per l'ammissione al lavoro a 15 anni. Tuttavia, consente ai bambini di età compresa tra 12 e 14 anni di svolgere lavori domestici leggeri o di natura stagionale e limita il loro numero di ore lavorative, ovvero, è proibito che un bambino lavori per più di otto ore al giorno e le ragazze tra i 6 e i 18 anni non possono lavorare più di sei. Tuttavia la legge non soddisfa gli standard minimi internazionali sulla proibizione del lavoro forzato, dell'impiego di bambini in attività illecite e del reclutamento militare da parte di gruppi armati non statali. In tal senso, le miniere artigianali non sono soggette a regolari ispezioni del lavoro e il divieto del lavoro minorile non è applicato. Secondo la legge maliana e internazionale, il lavoro pericoloso, che include il lavoro nelle miniere e con il mercurio, è vietato ai minori di 18 anni. Ciononostante, secondo l'UNHCR, attualmente sono circa 20.000 i bambini che lavorano in otto siti minerari del paese. Nel settore dell'estrazione artigianale dell’oro, secondo la Confederazione Internazionale dei Sindacati, i bambini lavorano in condizioni estremamente dure e a contatto con il mercurio, sostanza tossica usata per separare l'oro dal minerale. Le bambine sono impiegate ancor più precocemente dei bambini in questo settore e con un carico di lavoro maggiore. Inoltre, più dei ragazzi, sono vittime di violenza, sottopagate o non pagate. Djeneba Mariko Diop si adopera per proteggere bambine e ragazze, sensibilizzarle sui propri diritti e supportarle nel loro processo di autonomizzazione.
In Mali e in altri cinque paesi della regione (Senegal, Guinea, Guinea Bissau, Gambia e Niger), l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) finanzia il Progetto di sostegno alla protezione dei minori vittime di violazione dei diritti umani (PAPEV), un programma regionale implementato da OHCHR (United Nations Commissioner for Human Rights). Tra gli obiettivi, sostenere gli Stati membri dell’ECOWAS nello sviluppo di politiche e programmi nazionali che mirano alla protezione dei minori vittime di abuso e sfruttamento e accompagnare l’ECOWAS nello sviluppo di una strategia di promozione e protezione dei diritti dei bambini in linea con gli SDGs (Sustainable Development Goals) e le convenzioni internazionali sulla tematica (CRC, CADBE e CEDAW). Il PAPEV sta realizzando attività di sostegno all’adozione degli strumenti giuridici regionali e internazionali per la protezione dell’infanzia, attività di advocacy per l’accompagnamento alle riforme giuridiche e la realizzazione di campagne di comunicazione nazionali per sensibilizzare le popolazioni sulle riforme legislative in corso.
Djeneba Mariko Diop, giurista di professione, si è dedicata alla vita associativa in difesa dei più vulnerabili. Subito dopo la laurea in diritto, è stata segretaria esecutiva dell’associazione in difesa dei diritti dei bambini con deficit uditivi in ambito scolastico, creando poi l’APRODEFE, l’associazione di cui è Presidentessa. Una scelta che l’ha messa di fronte a non pochi ostacoli in una società conservatrice come quella maliana, dove molti sono gli stereotipi su chi fa dell’attivismo, spesso additato di andare contro la tradizione e la cultura. Inoltre, in Mali, il ruolo della donna, è spesso relegato all’ambito domestico e di cura. Quando una donna mira a ricoprire un ruolo politico attivo nella gestione della comunità, viene molto criticata. Serve dunque eradicare stereotipi, miti e pregiudizi, come Djeneba Mariko Diop tenta di fare quotidianamente, raccontando, ad esempio, il ruolo attivo delle donne nel processo di riconciliazione e pace che in Mali va avanti dal 2012. La giurista è il punto di riferimento della Commissione Verità, Giustizia e Riconciliazione (CVJR) del distretto di Bamako, nelle regioni di Kayes e di Koulikoro, che ha un mandato di difesa dei diritti umani dal 1960.
Il Ministero maliano per la promozione della donna, la famiglia e la protezione dei bambini, attraverso il Comitato nazionale di monitoraggio delle azioni per combattere la tratta, lo sfruttamento e il lavoro minorile (CNS), il Ministero della Giustizia attraverso i vari tribunali, il Ministero della Sicurezza attraverso la Brigata per la Protezione della Morale e dei Bambini della Polizia Nazionale, l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale attraverso il suo servizio sanitario e il Ministero del Lavoro e la Funzione Pubblica attraverso l'Ispettorato del lavoro hanno condiviso la responsabilità dell'applicazione delle leggi sul lavoro minorile. I meccanismi di coordinamento inter-istituzionale restano però inefficaci e complessi e le risorse, le ispezioni e le azioni correttive, insufficienti. A rendere più complessa la situazione è la crisi politica innescata dal colpo di stato nell’agosto 2020, al quale è seguita la nomina di un governo, sciolto nuovamente dopo la destituzione del presidente da parte di militari nel maggio 2021. Accanto alla crisi di governo, lo stesso periodo è stato marcato dalla pandemia di Covid-19.
L’esempio di Djeneba Mariko Diop dimostra di come il cambiamento debba partire dal basso, dalle autorità locali, tradizionali, religiose e non essere imposto dall’alto. Attraverso il supporto all’autonomizzazione delle ragazze e alle OSC locali si potrebbe raggiungere un impatto più efficace di promozione dell’uguaglianza di genere e di difesa dei diritti umani.
A cura di
Claudia Berlendis
Coordinatrice PAESE – MALI
AICS Dakar