COVID-19 – Dal Mali una riflessione sulle sfide, i rischi e le strategie di risposta alla pandemia

21. Iniziare un articolo con un numero non è propriamente opportuno, ma altrettanto non convenzionale è la situazione del Mali in questo periodo caratterizzato dal Covid-19.

21, erano i posti letto disponibili e attrezzati negli ospedali maliani per curare i malati da CODIV-19, tutti concentrati nella capitale Bamako, ma le persone che vivono attualmente nel paese sono circa 16.174.580. Un letto ogni 770.218 persone. Certo i numeri non posso descrivere tutto, ma davanti a cifre del genere possono dire molto, quasi tutto.

Il Mali è un paese fortemente e drammaticamente in difficoltà a causa anche di una crisi multisettoriale che dal 2012 ha intaccato e distrutto il tessuto sociale, la coesione sociale e ha aumentato i conflitti multiformi che hanno toccato la popolazione civile. Inizialmente influenzando le regioni del nord, le violenze si sono propagate nel corso degli anni alle regioni del centro del paese e a partire dalla metà del 2017, la situazione securitaria si è deteriorata con il sorgere di affrontamenti intercomunitari principalmente nella regione di Mopti e nelle regioni transfrontaliere.

Situato nella regione del Sahel, il Mali è, inoltre, confrontato regolarmente a degli episodi di siccità e di inondazioni che causano delle perdite di raccolti, delle diminuzioni di produzione agricole e dei mezzi di sussistenza. Le conseguenze dei conflitti combinate con quelle dei cambiamenti climatici accentuano una vulnerabilità delle popolazioni nel paese, dove circa il 50% delle persone vive sotto la soglia di povertà secondo il rapporto sullo sviluppo umano del 2019 (il paese si classifica al 184° posto su 189°).

In una situazione così spaventosa, dove il numero delle persone che vivono in insicurezza alimentare ha raggiunto il livello più elevato dal 2016 (3,5 milioni di persone, di cui 757.000 in stato di insicurezza alimentare severo), il 17 marzo 2020 lo stato maliano ha iniziato a prendere delle misure preventive per evitare il proliferarsi dell’epidemia. Si è deciso la chiusura alle persone delle frontiere, l’interdizione di raggruppamenti pubblici con più di 50 persone, la chiusura delle scuole, la dichiarazione dello stato d’emergenza sanitaria, il copri-fuoco dalle 21 alle 5 del mattino e il lancio della campagna “un maliano, una mascherina”. È stato anche instituito un numero verde per orientare e informare la popolazione. Nonostante queste precauzioni il 25 marzo scorso, lo stato maliano ha dichiarato i primi due casi affetti da covid-19. E d’allora i 21 posti letto sono sembrati immediatamente e tragicamente troppo pochi.

Per sopperire ai soli posti letti disponibili e con la minaccia ormai presente nel paese, il Governo ha velocemente creato quattro laboratori per fare i test di diagnostica a Bamako. Un laboratorio mobile è stato sistemato nella regione di Kayes e riguardo la presa in carico, quattro centri sono operazionali di cui tre a Bamako e un ospedale regionale di Kayes. Dei nuovi spazi di isolamento sono in corso di sistemazione a Bamako, Mopti e Tombouctou.

Il Governo maliano ha elaborato un piano di azione e di risposta che copre il periodo da aprile-dicembre 2020 che necessita di un budget di 34 miliardi di FCFA (circa 52 milioni di euro) e si è detto pronto a investire 6,3 miliardi di FCFA (circa 9,6 milioni di euro) per fare fronte ai bisogni prioritari. Ovviamente tutti questi fondi sono stati chiesti ai vari Partner tecnici e Finanziari che un po’ alla volta hanno iniziato a muoversi e a coordinarsi tra di loro affinché la situazione già precaria non si aggravi ulteriormente.

Le risorse che, però, sono disponibili per l’attuazione del piano della risposta umanitaria (soltanto il 12,5% del finanziamento richiesto – OCHA aprile 2020) restano comunque insufficienti per colmare gli enormi deficit legati alla mancanza di mezzi per i contagi, la presa in carico dei casi a domicilio, la presa in carico psicosociale, la creazione di laboratori mobili nelle regioni e la formazione del personale. Manca il materiale, l’equipaggiamento di protezione, dei kit di equipaggiamento della presa in carico del Covid19 e della capacità di testare i casi.

Il rapporto n.52 del 15 maggio 2020 sulla situazione Covid-19 in Mali redatto dal Ministero della Sanità e degli Affari Sociali ha dichiarato che i casi positivi ammontano a 806, i decessi a 46 e i pazienti guariti a 455 di cui 8 trasferiti fuori dal paese. Nove regioni e 24 distretti sanitari sono toccati dall’epidemia. L’età media dei contaminati è di 46,55 anni con un 64% di casi di un’età compresa tra i 15 e i 54 anni.

A questo punto non ci si può esimere dal riflettere a quali rischi il covid-19 creerà in un paese come il Mali. Innanzitutto, i rischi sociali aumenteranno la vulnerabilità delle popolazioni, quali le persone sfollate all’interno del paese, rafforzeranno le ineguaglianze legate al genere e aumenteranno il numero delle persone toccate dall’insicurezza alimentare. Si ipotizza che circa 5 milioni di persone saranno toccate da questa crisi alimentare nel periodo da giugno a agosto 2020, cifra altamente superiore rispetta a quella registrata nello stesso periodo durante gli ultimi cinque anni. Il Governo maliano ha richiamato i partner a sostenere innanzitutto le azioni in risposta a questa situazione di emergenza alimentare e nutrizionale il 7 aprile scorso, aggravata anche dai conflitti nelle regioni del nord e del centro e dalla siccità. La malnutrizione sarà aggravata anche dalla deteriorazione delle pratiche sanitarie che gli sfollati interni vivono.

I rischi umanitari, invece, avranno un impatto sulla catena di approvvigionamento domestico, si avrà un ridotto accesso ai servizi sociali di base e ai mezzi di sussistenza.

Infine, i rischi economici con l’aumento del tasso di disoccupazione, la caduta del PIB, le perturbazioni negli scambi economici e commerciali, il rallentamento della crescita economica dal 3,2% al 1,8% nel continente africano (ECCA, marzo 2020)

Si noteranno anche degli impatti sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e gli obiettivi come OSS 3.1 e 3.2 relativi alle malattie trasmissibili e alla speranza di vita, il n.4 inerente l’istruzione, il lavoro decente e la crescita economica (8) e l’accesso all’acqua potabile (6) saranno sempre più lontani e difficili da raggiungere.

Il ruolo di AICS, in sinergia con gli altri attori umanitari e di sviluppo e attraverso i suoi partner delle nazioni unite e le OSC presenti sul territorio, sarà di accompagnare lo Stato maliano e la popolazione a far fronte agli impatti sociali, economici e securitari a largo spettro che la pandemia avrà deteriorato e minato. AICS farà parte di questa lotta all’espansione del virus, riallocando fondi già presenti in Mali e modificando temporaneamente attività già in corso inserendo azioni e beneficiari più strettamente in ambito sanitario.

A cura di Claudia Berlendis

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