Bokk naa ci, Io partecipo – Un percorso fotografico racconta la Cooperazione italiana in Senegal grazie agli scatti di Demba Diop, fondatore del collettivo di fotografi, Sunu Nataal

Mani congiunte ad accogliere, in un soffio, un desiderio, augurio di un presente felice e di un futuro prospero; mani sollevate che vogliono partecipare; volti di donne come dipinti, sguardi fieri dietro una divisa e tessuti colorati; sorrisi che accolgono nella diversità e veli che incorniciato la forza di giovani donne. Questi sono solo alcuni degli scatti selezionati un anno fa dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), ufficio di Dakar, in occasione della festa della Repubblica italiana.

Una selezione che è parte di un percorso fotografico realizzato in Casamance, nel sud del Senegal, nell’ambito di una missione di monitoraggio dei programmi legati allo sviluppo rurale e all’empowerment femminile: PAPSEN, PAIS e PASNEEG e intitolato « Bokk naa ci »  (io partecipo, in wolof).

In questi scatti, una quotidianità fatta di momenti, persone, dialogo, impegno e scelte che determinano, assieme, il cambiamento.

A realizzarli, Demba Diop, fotografo e video maker senegalese, fondatore di Sunu Nataal, un collettivo di fotografi nato a Dakar nel 2010 con l’obiettivo di raccontare il paese da un punto di vista locale, in una sorta di riappropriazione e di riconquista dello spazio attraverso lo strumento fotografico.

Se lo si traduce, Sunu vuol dire "nostro" e Nataal  “immagine”. Questa è alla base del collettivo” ha raccontato Demba Diop nella puntata a lui dedicata di Foo Jem, trasmissione radiofonica finanziata da AICS Dakar che racconta storie di vita e professionali ispiranti di un Senegal creativo, impegnato e cosciente delle nuove sfide.

Una delle ragioni per cui Sunu Nataal è nato è per presentare un Senegal diverso dall’immaginario stereotipato con cui si racconta spesso il continente. Il nostro obiettivo è fotografare il variegato mondo senegalese e le sue straordinarie potenzialità. Una decolonizzazione mentale che parte anche dalla rappresentazione che facciamo del luogo in cui viviamo e della realtà che contribuiamo a cambiare, ogni giorno, con il nostro lavoro e il nostro impegno” ha aggiunto Diop.

Il collettivo Sunu Nataal ha realizzato, grazie ad una mappatura fotografica di differenti quartieri e città, la prima banca di immagini in alta definizione gratuite sul Senegal.

« Bokk naa ci », « io partecipo », un concetto tanto semplice quanto ricco di significato e che definisce una cooperazione basata sullo scambio, l’ascolto, l’impegno, la responsabilità, l’autonomia, l’inclusione, la condivisione, la crescita e la partecipazione. Un messaggio che è anche un augurio di un cambiamento in positivo e di uno sguardo nuovo per oggi, 2 giugno, festa della Repubblica italiana, per sentirci davvero più vicini nonostante la distanza imposta dall’attuale pandemia di Covid-19.

A cura di: Chiara Barison

Africa Day 2020 | Italia Africa Business Week

Il 25 maggio si celebra l’Africa Day, il giorno dell’Africa.

Questo evento è celebrato in tutto il mondo, perché simboleggia l’unità africana, ponendo l’accento sulla sua diversità, il suo successo, il suo potenziale economico e la sua risonanza culturale nel resto del mondo.
Sebbene la Giornata Mondiale dell’Africa tenda a celebrare la cultura africana o la storia del continente, è anche un giorno di riflessione sul cammino che le rimane da percorrere per costruire un continente più forte e unificato. Per partecipare a questa riflessione e celebrare la giornata dell’Africa, l’Associazione Le Réseau ha deciso di promuovere la Settimana dell’Africa in Italia. Una settimana durante la quale vorremo parlare di politica, di cultura, di diaspore, nuove generazioni e di cooperazione internazionale. Vorremo soprattutto sottolineare il fatto che l’Italia ha deciso di (ri)mettere l’Africa al centro della sua politica estera e di come tutto ciò si possa tradurre in azioni concrete.
Questa nuova relazione con l’Africa si manifesta non solo attraverso rapporti sempre più stretti (come dimostra il fatto che l’Italia è il principale investitore europeo in loco, con investimenti pari a 9 miliardi di euro nel 2017) ma anche con un aumento delle iniziative di cooperazione internazionale con i paesi del continente (su 22 paesi prioritari della cooperazione italiana, 11 sono africani).

La Conferenza Ministeriale Italia-Africa organizzata dalla Farnesina, che vede la partecipazione di molti ministri e delegazione africane, testimonia sempre di più l’impegno dell’Italia nel rilanciare la sua relazione e presenza con e nel continente.

Il programma della settimana sarà in modalità online e strutturato in conference, tavole rotonde e momenti culturali


 lunedì 25 maggio 2020

“L’Africa Day 2020, insieme per ripensare le relazioni italo-africane”
Video in diretta registrato su  Facebook IABW

 mercoledì 27 maggio 2020

“Un Futuro Possibile in Africa, rilanciare l’Africa nella narrativa italiana”
Video in diretta registrato su  Facebook IABW

Programma Africa Day in webinar

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Mercoledi 27 maggio 2020

?Ore 18.00 – Un viaggio alla scoperta di sé stessi – l’esperienza degli Afrodiscendenti

Segui la conferenza in diretta Facebook ?  Africa Day in webinar

COVID-19 – Dal Mali una riflessione sulle sfide, i rischi e le strategie di risposta alla pandemia

21. Iniziare un articolo con un numero non è propriamente opportuno, ma altrettanto non convenzionale è la situazione del Mali in questo periodo caratterizzato dal Covid-19.

21, erano i posti letto disponibili e attrezzati negli ospedali maliani per curare i malati da CODIV-19, tutti concentrati nella capitale Bamako, ma le persone che vivono attualmente nel paese sono circa 16.174.580. Un letto ogni 770.218 persone. Certo i numeri non posso descrivere tutto, ma davanti a cifre del genere possono dire molto, quasi tutto.

Il Mali è un paese fortemente e drammaticamente in difficoltà a causa anche di una crisi multisettoriale che dal 2012 ha intaccato e distrutto il tessuto sociale, la coesione sociale e ha aumentato i conflitti multiformi che hanno toccato la popolazione civile. Inizialmente influenzando le regioni del nord, le violenze si sono propagate nel corso degli anni alle regioni del centro del paese e a partire dalla metà del 2017, la situazione securitaria si è deteriorata con il sorgere di affrontamenti intercomunitari principalmente nella regione di Mopti e nelle regioni transfrontaliere.

Situato nella regione del Sahel, il Mali è, inoltre, confrontato regolarmente a degli episodi di siccità e di inondazioni che causano delle perdite di raccolti, delle diminuzioni di produzione agricole e dei mezzi di sussistenza. Le conseguenze dei conflitti combinate con quelle dei cambiamenti climatici accentuano una vulnerabilità delle popolazioni nel paese, dove circa il 50% delle persone vive sotto la soglia di povertà secondo il rapporto sullo sviluppo umano del 2019 (il paese si classifica al 184° posto su 189°).

In una situazione così spaventosa, dove il numero delle persone che vivono in insicurezza alimentare ha raggiunto il livello più elevato dal 2016 (3,5 milioni di persone, di cui 757.000 in stato di insicurezza alimentare severo), il 17 marzo 2020 lo stato maliano ha iniziato a prendere delle misure preventive per evitare il proliferarsi dell’epidemia. Si è deciso la chiusura alle persone delle frontiere, l’interdizione di raggruppamenti pubblici con più di 50 persone, la chiusura delle scuole, la dichiarazione dello stato d’emergenza sanitaria, il copri-fuoco dalle 21 alle 5 del mattino e il lancio della campagna “un maliano, una mascherina”. È stato anche instituito un numero verde per orientare e informare la popolazione. Nonostante queste precauzioni il 25 marzo scorso, lo stato maliano ha dichiarato i primi due casi affetti da covid-19. E d’allora i 21 posti letto sono sembrati immediatamente e tragicamente troppo pochi.

Per sopperire ai soli posti letti disponibili e con la minaccia ormai presente nel paese, il Governo ha velocemente creato quattro laboratori per fare i test di diagnostica a Bamako. Un laboratorio mobile è stato sistemato nella regione di Kayes e riguardo la presa in carico, quattro centri sono operazionali di cui tre a Bamako e un ospedale regionale di Kayes. Dei nuovi spazi di isolamento sono in corso di sistemazione a Bamako, Mopti e Tombouctou.

Il Governo maliano ha elaborato un piano di azione e di risposta che copre il periodo da aprile-dicembre 2020 che necessita di un budget di 34 miliardi di FCFA (circa 52 milioni di euro) e si è detto pronto a investire 6,3 miliardi di FCFA (circa 9,6 milioni di euro) per fare fronte ai bisogni prioritari. Ovviamente tutti questi fondi sono stati chiesti ai vari Partner tecnici e Finanziari che un po’ alla volta hanno iniziato a muoversi e a coordinarsi tra di loro affinché la situazione già precaria non si aggravi ulteriormente.

Le risorse che, però, sono disponibili per l’attuazione del piano della risposta umanitaria (soltanto il 12,5% del finanziamento richiesto – OCHA aprile 2020) restano comunque insufficienti per colmare gli enormi deficit legati alla mancanza di mezzi per i contagi, la presa in carico dei casi a domicilio, la presa in carico psicosociale, la creazione di laboratori mobili nelle regioni e la formazione del personale. Manca il materiale, l’equipaggiamento di protezione, dei kit di equipaggiamento della presa in carico del Covid19 e della capacità di testare i casi.

Il rapporto n.52 del 15 maggio 2020 sulla situazione Covid-19 in Mali redatto dal Ministero della Sanità e degli Affari Sociali ha dichiarato che i casi positivi ammontano a 806, i decessi a 46 e i pazienti guariti a 455 di cui 8 trasferiti fuori dal paese. Nove regioni e 24 distretti sanitari sono toccati dall’epidemia. L’età media dei contaminati è di 46,55 anni con un 64% di casi di un’età compresa tra i 15 e i 54 anni.

A questo punto non ci si può esimere dal riflettere a quali rischi il covid-19 creerà in un paese come il Mali. Innanzitutto, i rischi sociali aumenteranno la vulnerabilità delle popolazioni, quali le persone sfollate all’interno del paese, rafforzeranno le ineguaglianze legate al genere e aumenteranno il numero delle persone toccate dall’insicurezza alimentare. Si ipotizza che circa 5 milioni di persone saranno toccate da questa crisi alimentare nel periodo da giugno a agosto 2020, cifra altamente superiore rispetta a quella registrata nello stesso periodo durante gli ultimi cinque anni. Il Governo maliano ha richiamato i partner a sostenere innanzitutto le azioni in risposta a questa situazione di emergenza alimentare e nutrizionale il 7 aprile scorso, aggravata anche dai conflitti nelle regioni del nord e del centro e dalla siccità. La malnutrizione sarà aggravata anche dalla deteriorazione delle pratiche sanitarie che gli sfollati interni vivono.

I rischi umanitari, invece, avranno un impatto sulla catena di approvvigionamento domestico, si avrà un ridotto accesso ai servizi sociali di base e ai mezzi di sussistenza.

Infine, i rischi economici con l’aumento del tasso di disoccupazione, la caduta del PIB, le perturbazioni negli scambi economici e commerciali, il rallentamento della crescita economica dal 3,2% al 1,8% nel continente africano (ECCA, marzo 2020)

Si noteranno anche degli impatti sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e gli obiettivi come OSS 3.1 e 3.2 relativi alle malattie trasmissibili e alla speranza di vita, il n.4 inerente l’istruzione, il lavoro decente e la crescita economica (8) e l’accesso all’acqua potabile (6) saranno sempre più lontani e difficili da raggiungere.

Il ruolo di AICS, in sinergia con gli altri attori umanitari e di sviluppo e attraverso i suoi partner delle nazioni unite e le OSC presenti sul territorio, sarà di accompagnare lo Stato maliano e la popolazione a far fronte agli impatti sociali, economici e securitari a largo spettro che la pandemia avrà deteriorato e minato. AICS farà parte di questa lotta all’espansione del virus, riallocando fondi già presenti in Mali e modificando temporaneamente attività già in corso inserendo azioni e beneficiari più strettamente in ambito sanitario.

A cura di Claudia Berlendis

Programmi IFAD in Senegal e Gambia, un esempio di sviluppo rurale e sostenibilità

L’IFAD (International Fund for Agricultural Development) è un’organizzazione unica nel suo genere, al tempo stesso un’istituzione finanziaria internazionale e un’agenzia delle Nazioni Unite specializzata nel settore dello sviluppo rurale.

L’IFAD fornisce ai paesi in via di sviluppo prestiti a tassi agevolati e donazioni destinati a finanziare progetti e programmi di sviluppo agricolo e rurale innovativi.

Da quando il Fondo è stato istituito, l’IFAD e l’Italia hanno collaborato attivamente per eliminare la fame e la povertà, attraverso investimenti che consentono alle popolazioni delle aree rurali di migliorare le proprie condizioni di vita e i propri mezzi di sostentamento.

L’Hub IFAD di Dakar, competente per il Senegal, Capo Verde, Guinea Conakry, Guinea Bissau, Mali e Mauritania, ha organizzato una visita di terreno il 19 e 20 novembre 2019 con l’intento di offrire agli stati membri un’occasione importante di apprendimento sull’IFAD, i suoi interventi e il modo di collaborare con i governi e gli altri partner nella risoluzione dei problemi delle comunità rurali.

L’AICS Dakar ha partecipato attivamente alla missione inserendo l’attività nel quadro delle azioni volte a rafforzare la collaborazione tra e con il “polo agricolo” romano delle agenzie UN (IFAD, FAO e WFP), come testimoniato anche dall’accordo quadro di partenariato firmato tra MAECI e IFAD a febbraio 2019.

La visita si è concentrata su due programmi: il PAFA-E, programma di appoggio alla filiera agricola in Senegal, che vuole migliorare la sostenibilità, la sicurezza alimentare e i redditi dei piccoli produttori (agricoltori e allevatori) e creare impiego remuneratore per giovani e donne e il NEMA, progetto nazionale di sviluppo della gestione dell’acqua e delle terre agricole in Gambia che mira a ridurre la povertà delle donne rurali e dei giovani grazie ad un aumento della produttività agricola attraverso pratiche di gestione sostenibile di terre e acqua.

Sono state organizzate visite ai progetti locali dedicati allo sviluppo della filiera dei cereali locali, come miglio e sorgo, per la valorizzazione attraverso sistemi migliorati di panificazione per la produzione locale di pane più nutriente, e al supporto a gruppi di donne e giovani impegnati nella produzione di ortaggi con tecniche biologiche, metodi integrati e irrigazione razionale, con un’attenzione particolare rivolta al contract farming.

La missione è stata un’occasione per constatare su terreno il grande impegno dell’IFAD nel tessere partenariati e relazioni su più livelli per il raggiungimento di obiettivi comuni.

A cura di Silvia Bergamasco
Assistente tecnico Sviluppo rurale

 

Quando le sinergie migliorano la cooperazione: incontri e scambi nel sud del Senegal

Ad un anno di distanza da una prima missione congiunta dei settori agricoltura e genere, l’equipe della sede di Dakar dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo è tornata nelle regioni di Kolda e Sédhiou per una missione votata al monitoraggio e alla creazione di sinergie nell’ambito dei Comitati Locali di Genere.

Istituiti attraverso il progetto agricolo PAIS, i Comitati Locali di Genere (CLG) riuniscono attori chiave della comunità per promuovere un'efficace integrazione della dimensione di genere a livello locale e gettare le basi per uno sviluppo economico equo e armonioso. Dalla loro istituzione, i 4 CLG ad oggi creati hanno beneficiato di attività di rafforzamento delle capacità, di alfabetizzazione e di sensibilizzazione. Ora si sono dotati di piani di azione per i mesi a venire, e la missione AICS appena conclusasi è stata l’occasione per discutere insieme su come consolidare il ruolo dei Comitati ed informarli di tutte le opportunità a loro disposizione.

Le riunioni, che si sono svolte nelle sale dei Comuni di riferimento, a riprova del forte ancoraggio istituzionale che si vuole auspicare per questi gruppi, sono state ricche di scambi e di idee di collaborazione. Un impulso nato a livello centrale ma che trova espressione in dinamiche già presenti in loco, che spesso necessitano solo di una messa in contatto per creare una rete di attori attiva e cosciente. Possibilità più che concrete di potenziare le conoscenze nella lotta alle discriminazioni di genere e nell’accesso alla giustizia grazie alle Boutiques de Droit, finanziate dal progetto PASNEEG, ma anche di accedere a linee di finanziamento per attività nel settore agricolo attraverso il progetto PAIS, di rafforzare capacità e accedere a fondi tramite il programma PADESS. Non mancano poi gli spunti di ispirazione: coinvolgere nei CLG le Associazioni delle madri delle allieve, create e sostenute negli scorsi anni dal progetto PAEF PLUS, che nel settore dell’educazione è stato pioniere nello sperimentare questa forma di organizzazione al femminile attorno agli istituti scolastici.

Capiamo subito che l’importanza dei CLG non è di facile misurazione, perché offrendo un luogo di dialogo civico, di motivazione e di comprensione del proprio ruolo nella comunità, soprattutto per tante donne che si sono spesso trovate ai margini della politica, acquisiscono un valore che va oltre i numeri. È ancora più emblematico quindi che i CLG esistano in regioni in cui i tassi di violenze e discriminazioni contro donne e ragazze rimangono molto elevati, e l’impegno personale delle autorità locali spesso fa la differenza. Solo nel 2019, a Bona, il sindaco ha annullato due matrimoni precoci: le famiglie non sapevano quale fosse l’età minima per l’unione coniugale. Anche la registrazione delle nascite pone problemi, visto che i neo-genitori spesso ignorano quali siano i loro doveri. Dal 2017 solo in questo Comune oltre 500 bambini sono rimasti esclusi dai registri di stato civile: la formazione ed il coinvolgimento nei Comitati Locali di Genere delle Badienu Gokh, formidabili donne impegnate nei loro quartieri in questioni di genere e protezione dell’infanzia, potrebbe ridurre drasticamente questi numeri.

Si discute immancabilmente della sostenibilità dei Comitati, che da strutture create tramite un progetto di Cooperazione devono trovare le risorse per diventare strumenti al servizio della comunità, assicurare una sempre maggiore presa in conto delle questioni di genere e armonizzare altri interventi di donatori nelle loro zone di competenza. La presenza alla riunione del Comitato di Sare Bidji del coordinatore regionale di UNFPA ne è un esempio: conoscere i bisogni della popolazione e i suoi piani di azioni, capire dove trovare sinergie e sostenere specifiche linee di azione. Un impegno che deve anche radicarsi in una volontà comunale con linee di budget annuali dedicate, e l’idea di sperimentare degli esercizi di elaborazione di bilanci sensibili al genere al livello degli stessi comuni che hanno già impiantato dei Comitati Locali di Genere.

A latere degli appuntamenti congiunti, c’è stata anche l’occasione per incontri settoriali. Oltre alle visite alle Botteghe del Diritto di Kolda, Sédhiou e Kaolack, ci sono stati scambi con altri attori attivi nella protezione di vittime di violenza di genere e nell’accesso alla giustizia, come il Centro di accoglienza Kullimaroo di Ziguinchor e la Maison de Justice di Kaolack. L’equipe si è anche incontrata con i produttori di riso della valle di Djimbana, regione di Sédhiou, per una discussione circa la gestione dei prodotti ottenuti dalla lavorazione dei campi grazie ai mezzi agricoli finanziati dal progetto PAPSEN. Momenti importanti per riflettere sul lavoro fatto e sulle tante prospettive per il futuro, in un’ottica di costante miglioramento degli interventi per un vero beneficio delle comunità.

A cura di: Giada Cicognola
UNDESA Fellow

Al via a Dakar il PLASEPRI/PASPED, un programma per lo sviluppo del settore privato e la valorizzazione della diaspora senegalese

Si è tenuta a Dakar, il 1 ottobre 2019, la cerimonia di lancio ufficiale del programma PLASEPRI/PASPED, un’iniziativa articolata che vede l’unione di due progetti, il PLASEPRI 2, finanziato dal governo italiano (attraverso un credito concessionario pari a 13 milioni di euro) e cofinanziato dal governo senegalese attraverso il Ministero delle Finanze e del Budget (con il contributo di « revolving found » pari a 13.842.166 euro) e il PASPED, finanziato dall’Unione europea nell’ambito del Fondo Fiduciario di Emergenza (dono pari a 14.303.200 euro). Ulteriore tassello dell’intervento è dato dal contributo del governo senegalese, che contribuisce al progetto con un importo di circa 14 milioni di euro derivato da fondo rotativo della prima fase del PLASEPRI che porta quindi l’iniziativa nel suo complesso alla quota di 40 milioni di euro. Grazie a queste tre fonti di finanziamento è stato possibile dare vita ad un Programma Globale Unico.

Il PLASEPRI/PASPED è realizzato dall’AICS di Dakar, in collaborazione con la Cassa Depositi e Prestiti italiana e il Ministero della Microfinanza e dell’Economia Solidale del Senegal.

Il programma offre sostegno al settore privato e alla creazione di impiego in Senegal, attraverso la realizzazione di una piattaforma che fornisce assistenza finanziaria e tecnica per lo sviluppo di micro, piccole e medie imprese e la valorizzazione della diaspora senegalese residente in Italia che vorrebbe investire nel proprio paese.

Il programma prevede altresì il rafforzamento tecnico e finanziario di 750 imprese (MSME) per aumentare la domanda di posti di lavoro qualificati; il sostegno a 50 senegalesi residenti in Italia nei loro progetti di reinserimento economico in Senegal e l’incentivazione del lavoro giovanile attraverso l’inserimento professionale di almeno 1200 elementi attraverso il meccanismo delle borse-lavoro.

Risorse umane e finanziarie sono messe a disposizione per sensibilizzare e promuovere lo sviluppo del settore privato nelle regioni di intervento: Dakar, Diourbel, Thies, Kaolack, Louga e Saint-Louis. Attraverso quest’azione, si intende contribuire alla riduzione della migrazione irregolare. A tal fine, nelle regioni interessate verranno realizzate differenti attività come l’assistenza tecnica adattata alle PMI prima e dopo il loro finanziamento e il supporto tecnico alle istituzioni di microfinanza e alle strutture di supporto per le PMI; l’assistenza finanziaria alle PMI attraverso un mix di servizi finanziari tradizionali e innovativi offerti dalle istituzioni finanziarie senegalesi; l’integrazione professionale dei giovani; la mobilitazione della diaspora senegalese in Europa e soprattutto in Italia per investire in Senegal, attraverso il miglioramento del sistema di informazione economica e il consolidamento degli uffici di supporto per i senegalesi residenti in Italia.

Un progetto innovativo che intende contribuire ad incentivare un meccanismo autonomo di sviluppo capace di creare posti di lavoro e ricchezza.

Il PLASEPRI/PASPED aderisce inoltre alla campagna promossa dalla Delegazione europea « Tekki Fii » che in lingua wolof significa « riuscire qui ». Un messaggio capace di veicolare l’immagine di un continente, quello africano, in pieno movimento, terreno fertile per lo sviluppo imprenditoriale e umano.

L’evento di lancio è stato presieduto dall’Ambasciatrice dell’Unione europea in Senegal, Irène Mingasson, con la partecipazione del primo consigliere dell’Ambasciata d’Italia a Dakar, Anna Bertoglio, del Desk Africa dell’AICS, Mauro Pedalino, della responsabile Cooperazione della Cassa Depositi e Prestiti, Martina Colombo e dal rappresentante del Ministero della Microfinanza e dell’Economia Solidale del Senegal, Amadou Sarr.

La cerimonia è stata moderata dalla titolare della sede AICS di Dakar, Alessandra Piermattei.

A cura di: Marina Palombaro
Coordinatrice PASPED

Botteghe del diritto e attori comunitari, il cuore pulsante della lotta alla violenza di genere in Senegal

In Senegal, nella regione di Kolda, c’è un solo avvocato. Nella regione di Sédhiou, che ha il più alto tasso a livello nazionale di violenze fisiche contro le donne, non ce n’è nessuno. Eppure le ultime statistiche mostrano che più di una donna su quattro in Senegal ha subito abusi fisici dall'età di 15 anni. Ed in più della metà dei casi, l'autore del reato è il marito o il partner attuale.

L’accesso alla giustizia è qui un bisogno reale e urgente per migliaia di donne, e strutture come le Boutiques de Droit (botteghe del diritto), gestite dall’Associazione delle Giuriste Senegalesi, sono diventate negli ultimi anni punti di riferimento imprescindibili nella lotta alla violenza di genere. Il progetto PASNEEG finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, nel sostenere la Strategia Nazionale di Equità e Uguaglianza di Genere, ha appoggiato questi centri di promozione e protezione dei diritti delle donne che offrono consultazioni legali gratuite ed un orientamento verso servizi specializzati.

Pochi giorni fa un’equipe AICS, accompagnata dalla coordinatrice ministeriale del PASNEEG, ha visitato le Boutiques di Kolda, Sedhiou e Kaolack per comprendere al meglio il loro lavoro ma anche le difficoltà quotidiane, nonché provare a proporre soluzioni concrete per potenziare i loro servizi, ormai diventati fondamentali per la popolazione. È stata soprattutto l’occasione di incontrare le coordinatrici dei centri, e tutti gli attori che supportano le loro attività, una rete di donne e uomini impegnati personalmente nella difesa dei diritti delle fasce più vulnerabili.

C’erano le Badienu Gokh, antenne comunitarie calate nella vita di ogni quartiere, che proprio grazie alla loro prossimità sono spesso le prime a scoprire nuovi casi di violenze e ad offrire ascolto e consigli alle vittime, nonché in caso di estrema necessità un alloggio per sfuggire ad ulteriori abusi.

C’erano le para-giuriste, formate in mediazione e nozioni giuridiche, donne piene di forza che nei villaggi più remoti sono ormai chiave per permettere un’assistenza di base a tutte coloro che non riescono a raggiungere la più vicina Boutique de Droit, spesso comunque troppo distante. Alcune di loro, come quelle provenienti dal comune di Velingara, nella regione di Kolda, hanno raggiunto un impressionante livello di strutturazione e inserimento nel circuito dell’accesso alla giustizia: scrivono rapporti sui casi che incontrano, fanno proposte di mediazioni ai tribunali, e talvolta sono i tribunali stessi a riferire loro delle situazioni, riconoscendo le loro abilità in mediazione di conflitti familiari.

C’erano le rappresentanti dei Clubs des Jeunes Filles, giovani ragazze in prima linea per parlare di matrimoni precoci e salute riproduttiva, andando di villaggio in villaggio, di quartiere in quartiere, di radio in radio per sensibilizzare le ragazze ed i ragazzi della loro età.

Le realtà sono diverse in ciascuno dei luoghi visitati. Kolda e Sédhiou registrano soprattutto casi di violenze domestiche, gravidanze precoci e matrimoni di ragazze giovanissime. A Kaolack invece, a causa della sua posizione centrale che la rende meta per molti migranti dalle altre regioni ma anche dal vicino Gambia, emergono soprattutto problemi con la registrazione allo stato civile di nascite e matrimoni, rendendo difficile il ricorso alla giustizia per le donne che abbiano bisogno di documenti per provare la paternità dei loro figli o il loro legame coniugale.

Diritti negati e scarso accesso a servizi che tuttavia trovano una risposta comunitaria in attori animati da un forte desiderio di cambiare lo status quo. Da un lato impegnati nell’assicurare un appoggio legale, ma anche psicologico, di reinserimento sociale ed economico, per fornire un sostegno olistico alle vittime. Dall’altro, nel rendere accessibile il diritto, nel sensibilizzare e rompere tabù, nel plasmare nuove attitudini e cambiare comportamenti. Una difesa dei diritti a tutto tondo, una mediazione alla volta, un caso alla volta, fino a che la violenza di genere non sarà che un ricordo lontano, anche in Senegal.

A cura di: Giada Cicognola
UNDESA Fellow

Il Centro di Salute Globale e l’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS): un partenariato sempre più stretto a vantaggio del sistema sanitario senegalese

Due settimane di intenso lavoro hanno caratterizzato la missione in Senegal della delegazione del Centro di Salute Globale (CSG) della Regione Toscana svoltasi nell’ambito del Programma d’Appoggio allo Sviluppo Economico e Sociale del Senegal (PADESS). Una missione che ha permesso di gettare le basi per nuove progettualità volte a rafforzare il sistema sanitario senegalese, in partenariato con la sede AICS di Dakar.

Un partenariato che appare sempre più solido, come è risultato nel corso dell’atelier di restituzione dei risultati della ricerca: “Enquête épidémiologique et analyse qualitative des besoins en Santé Maternelle et Infantile dans les régions de Dakar, Kaolack et Sedhiou” realizzata dal CSG in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze e con il supporto del PADESS. All'atelier, tenutosi a Dakar il 10 luglio 2019, hanno presenziato l'Ambasciatore d'Italia a Dakar, Francesco Paolo Venier, la Titolare della sede AICS di Dakar, Alessandra Piermattei, la Direttrice del CSG, la dott.ssa Maria José Caldés e diversi rappresentanti delle autorità e delle organizzazioni locali ed internazionali, tra cui il Ministero della Donna, della Famiglia e del Genere; Il Ministero della Salute e dell’Azione Sociale; il Ministero delle Finanze, UNFPA e i rappresentanti dei servizi sanitari regionali e delle strutture sanitarie coinvolte nella ricerca.

Grande soddisfazione è stata espressa per il lavoro svolto nell’ambito della ricerca che - utilizzando strumenti quantitativi e qualitativi - ha permesso di identificare e analizzare i bisogni di salute in ambito materno-infantile nelle regioni di Dakar, Kaolack e Sedhiou.

Attraverso momenti di ascolto e di coinvolgimento delle popolazioni interessate, si è ottenuto un quadro definito del fabbisogno di salute delle donne delle comunità coinvolte e sono state identificate le necessità infrastrutturali, di equipaggiamento e di formazione del personale socio-sanitario nelle tre aree oggetto della ricerca. Il valore aggiunto è stato anche quello di consentire un proficuo scambio di modelli e di tecniche diverse tra esperti italiani e senegalesi coinvolti nella ricerca rivelatosi un prezioso arricchimento di competenze.

Lo stesso spirito di collaborazione è stato anche alla base della realizzazione di una nuova maternità presso il Poste de Santé di Kaffrine 2, una struttura interamente finanziata dalla Regione Toscana, la cui cerimonia di inaugurazione si è tenuta il 15 luglio 2019. La nuova maternità, frutto di un’intensa collaborazione tra tecnici senegalesi e toscani, permetterà a circa 250 donne di usufruire ogni anno di un servizio di salute materno-infantile di qualità, con spazi ampi, puliti, areati e ben organizzati.

È stata infine realizzata una missione esplorativa nella regione di Sedhiou, che ha previsto incontri preparatori per le iniziative future nel campo della salute sessuale riproduttiva e l’empowerment femminile.

Durante la missione sono state organizzate consultazioni gratuite a Kandioun Mangana, uno dei villaggi oggetto di intervento del PADESS, in cui oltre 800 persone hanno beneficiato di visite mediche gratuite, alimenti, vestiti, farmaci e giocattoli. La numerosa partecipazione è testimone dei molteplici bisogni di salute, che risultano essere fondamentalmente legati ai contesti di povertà e marginalizzazione.

In questo ambito, l’approccio della Cooperazione Toscana - caratterizzato da un’attenzione particolare ai determinanti socio-culturali della salute ed in grado di promuovere risposte unitarie a bisogni complessi – risulta essere particolarmente adeguato.

 

A cura di: Nicole Mascia
Centro di Salute Globale, Regione Toscana

La filiera latte dal punto di vista delle donne: il caso della Mauritania

La Mauritania è un vasto paese saharo-saheliano la cui attività economica prevalente è tuttora l’allevamento (bovini, ovi-caprini e camelidi), contando attualmente su circa 20 milioni di capi per una popolazione di poco più di 3,5 milioni di abitanti. Tuttavia, l'impatto del settore zootecnico sull'economia del paese rimane al di sotto del suo potenziale sebbene contribuisca in modo significativo alla creazione di ricchezza del paese con il 12% del prodotto interno lordo (PIL). L’allevamento praticato è principalmente di tipo estensivo, anche se negli ultimi anni altre forme di allevamento stanno lentamente affermandosi, quali l'allevamento sedentario e quello periurbano dove spesso le donne svolgono un ruolo importante.

Le filiere principali collegate all’allevamento sono la carne rossa e il latte, la cui crescita media annua è stimata dalla FAO, al 2,1% per la carne rossa e all'1,4% per il latte.

Paradossalmente, la produzione locale di latte copre solo circa il 30% del fabbisogno del paese. La produzione è bassa a causa della bassa produttività degli 1,6 milioni di bovini, 16 milioni di ovi-caprini e 1,4 milioni di camelidi e dello scarso sviluppo dei canali di raccolta e commercializzazione del latte. La conseguenza è che le importazioni di latte risultano molto costose per il paese visto che vengono regolate in valuta estera. Si stima che le importazioni di latte costino al paese circa 150 milioni di euro l'anno.

Sebbene le autorità abbiano realizzato un'importante unità industriale di produzione e confezionamento di latte a Nema (1100 chilometri a est di Nouakchott), rimane la difficoltà della sua raccolta nelle zone più difficilmente accessibili e della conseguente consegna alla centrale del latte in tempi brevi, diminuendo di fatto la possibile valorizzazione della filiera.

Il progetto PAPACEM (Projet d’Amélioration de la Production Agricole dans le Centre-Est Mauritanien), realizzato dal CSA (Commisariat à la Sécurité Alimentaire) su finanziamento della Cooperazione italiana, ha contribuito alla modernizzazione del settore agropastorale della Mauritania in generale e in particolare delle Regioni Hodh el Chargui, Hodh el Gharbi, Assaba et Tagant attraverso una migliore strutturazione dei sistemi produttivi agropastorali in modo inclusivo e sostenibile. La strategia di sviluppo agropastorale prevista aveva come obiettivo di garantire un’equa ripartizione del valore aggiunto, la partecipazione femminile, la sostenibilità ambientale con conseguenti ricadute positive sulla sicurezza nutrizionale dei produttori e delle loro famiglie.

L’analisi della filiera latte ha dimostrato delle forti potenzialità soprattutto a livello locale, di conseguenza, fra le numerose attività condotte, il progetto ha intrapreso un percorso di valorizzazione della filiera del latte attraverso il sostegno a gruppi di donne per la realizzazione di mini latterie, con l’obiettivo di aumentare il valore aggiunto e contribuire alla promozione dell’autoconsumo di latte di produzione locale e, più in generale, nazionale.

In tale ottica sono state realizzate quattro mini latterie pilota, una per ciascuna regione d’intervento del PAPACEM, attrezzate con pastorizzatore, refrigeratori e semplici sistemi di confezionamento del prodotto finito in confezioni di plastica serigrafate. L’energia elettrica di tutte le unità realizzate è fornita da un sistema solare. Le mini latterie, gestite da gruppi di 20 donne formate dal progetto, sono dimensionate per trattare fino a 200 litri di latte al giorno ed il latte è conferito dagli allevatori dello stesso villaggio d’intervento. Fra le misure di accompagnamento dell’azione si ricorda in particolare la creazione di appezzamenti sperimentali di coltivazione di foraggio (circa 1 ha a sito) per testare nuove colture foraggere con lo scopo di migliorare la produttività degli animali. Anche gli allevatori dei villaggi interessati sono stati coinvolti nell’iniziativa attraverso numerose riunioni per la scelta dei siti per la coltivazione di foraggio e sono stati informati sull’importanza dell’alimentazione animale in relazione alla produzione del latte.

Tale azione ha permesso di aumentare il reddito delle famiglie delle donne coinvolte ed una maggiore valorizzazione del latte a livello locale, il che ha determinato in generale un miglioramento delle condizioni di vita nei villaggi interessati. L’azione, visto il successo ottenuto, sarà diffusa in altri villaggi delle quattro regioni d’intervento con la seconda fase del PAPCEM attualmente in via di approvazione.

 

A cura di: Sergio Catastini
Coordinatore PAPACEM